Ciao avventore, stai leggendo “sostenibilità in pillole”, una piccola rubrica destinata a riassumere nel modo piú chiaro possibile tutte le principali questioni legate al tema della moda sostenibile. Questa rubrica é pensata per tutti coloro che si approcciano per la prima volta a queste tematiche e vorrebbero avere un rapido ma chiaro quadro della situazione. Gli articoli sono in costante aggiornamento ed ogni contributo é prezioso: la sostenibilitá é un percorso molto piú facile se condiviso!
Se sei nuovo, inizia da qui.
Il concetto di “moda” è a dir poco complesso. Nel precedente articolo mi sono soffermata sull’aspetto del consumismo indotto, e dello shopping compulsivo. Ma è importante comprendere perché la moda riesca ad avere su di noi una presa così forte.
La semplice necessità di coprirsi nel corso della storia si è trasformata in una questione di appartenenza e identità. La moda è un metodo di espressione immediato, con cui comunichiamo agli altri chi siamo, cosa ci piace, a quale gruppo apparteniamo.
L’abito FA il monaco e, attraverso la moda, la società o l’individuo manifestano cambiamenti, diritti acquisiti e preferenze artistiche, politiche o sessuali.
Ma se è vero che la moda è specchio dei costanti cambiamenti della cultura e della società, in un periodo di crescente consapevolezza ambientale, è naturale che l’industria della moda si confronti con questioni precedentemente trascurate, e che si inizino a fare scelte diverse.
Anche se l’obiettivo è cambiare alcune convenzioni culturali associate alla moda, vestirsi resta un bisogno essenziale. Perciò, è cruciale lavorare per scoprire metodi sostenibili che ci consentano di creare i beni necessari senza danneggiare le prospettive future della Terra e dell’umanità.
Il problema é un po’ più chiaro adesso, ma é il momento di interrogarci sulle possibili soluzioni, quindi oggi parliamo di CIRCOLARITÁ, che si propone come l’alleato numero 1 dell’industria della moda e di quella tessile. Sarà così? Proviamo a capirci qualcosa.
Indice dei contenuti
ToggleCOS’É LA CIRCOLARITÀ
Linearità vs Circolarità
Fino ad ora siamo stati abituati a pensare alla “produzione” come una serie di fasi LINEARI: approvvigionamento delle materie prime, trasformazione, distribuzione e vendita.
Nessuno pensava cosa accadesse a tutti questi capi (in maggioranza sintetici) una volta terminata la loro breve vita. Per non parlare dei capi invenduti, nessuno ci pensava e a nessuno interessava.
Ma le cose stanno cambiando. Il castello di carte è caduto e le conseguenze ambientali di questa mentalità non possono più essere ignorate.
Il settore sta cercando quindi di evolversi e riconcepire i processi di produzione sulla base della CIRCOLARITÁ.
Ma cosa si intende per “circolarità della moda?”
La circolarità si contrappone proprio allo schema di economia lineare, partendo dal principio secondo cui è necessario pensare a tutte le fasi successive alla vendita affinché i prodotti ormai scartati rientrino nel ciclo produttivo come materie prime, attraverso le fasi di raccolta e riciclo.
Circolarità é quindi una capacità di produzione autonoma, un sistema chiuso in grado di autoalimentarsi senza intaccare le risorse del nostro pianeta.
Ma questo è un progetto fattibile? E se si, come?
È stato stimato che ad oggi meno dell’1% del materiale utilizzato per produrre abbigliamento viene riciclato in nuovi abiti.
UPCYCLING, DOWNCYCLING, RIUSO E RICICLO
Non chiamateci semplicemente “riciclo”
ALT, fermiamoci per un doveroso distinguo tra questi concetti, solo apparentemente uguali.
- Il RICICLO é un processo industriale di lavorazione attraverso cui i materiali di scarto vengono riprocessati per ottenere un materiale equiparabile alla materia prima d’origine.
- Ma spesso le fibre tessili che subiscono questo procedimento hanno una qualità inferiore a quella d’origine, quindi si parla di DOWNCYCLING, ed é per questo che i capi creati con fibre riciclate possono necessitare di una percentuale di fibre vergini all’interno della propria composizione.
- L’ UPCYCLING è invece la pratica che va a creare un prodotto qualitativamente superiore, partendo da materiali di scarto. Non si tratta di un procedimento industriale ma di un processo creativo, proprio quello che metteremo in atto nei progetti di questo blog .
- RIUSO: prendere un oggetto e ri utilizzarlo prima di farlo diventare un rifiuto. Ad esempio ri utilizzare i flaconi dei detersivi con delle alternative alla spina o in polvere da miscelare, entra nel concetto di riuso anche il mercato second hand.
Ora che abbiamo queste nozioni possiamo parlare con cognizione dei processi di riciclo esistenti.
Fonti delle materie prime
I tessuti destinati al riciclo si ottengono da due fonti principali:
- I tessuti riciclati “pre-consumer” (prima del consumo) provengono da scarti industriali o da prodotti ritirati dal commercio, quindi non sono mai stati utilizzati dai consumatori.
- I tessuti riciclati “post-consumer” (dopo il consumo) provengono da rifiuti post-consumo, ovvero da indumenti che sono stati utilizzati e poi buttati.
Altra distinzione da fare é quella tra riciclo a circuito chiuso e riciclo a circuito aperto.
- Il primo prevede che le materie prime derivino dalla stessa filiera a cui saranno destinate post riciclo (ad esempio, da bottiglia a bottiglia, da fibra a fibra). Ad oggi è l’alternativa meno praticata.
- Mentre nel riciclo a circuito aperto i materiali provengono da una filiera diversa. L’esempio più comune sono bottiglie e flaconi in plastica post-consumo (PET), riciclate per realizzare materiali di riempimento o fibre di poliestere.
COME SI RICICLANO I TESSUTI?
Esistono due principali tipologie di riciclo: il riciclo meccanico e il riciclo chimico.
A) Riciclo meccanico
FIBRE NATURALI
Per naturali si intendono due tipi di fibre diverse:
- quelle di origine vegetale come il cotone o il lino.
- quelle che hanno origine animale come la lana, prodotta dalla pelliccia di diversi animali o la seta che è un derivato dei bozzoli dei lepidotteri.
Nel riciclo meccanico si prediligono le materie prime omogenee (ad esempio, 100% cotone).
Per questo motivo bisogna fare una cernita manuale per tipo di fibra e colore. La cernita per colore eliminerà la necessità di dover ritingere i tessuti.
Una volta selezionati i capi questi vengono privati di tutte le applicazioni come bottoni, cerniere o borchie.
Successivamente, il tessuto viene sminuzzato attraverso un sistema di punte acuminate, fino a ridurlo in fiocchi.
Le fibre così recuperate sono spesso più corte dei loro equivalenti vergini, quindi di qualità inferiore. Per questo motivo è prassi combinarle con fibre vergini per migliorare le proprietà del prodotto finale.
Le fibre combinate vengono poi allineate tramite pettinatura fino a produrre una fettuccia di cotone, che può essere filato.
Questo filato viene poi intrecciato per ottenere il tessuto vero e proprio.
Per quanto riguarda le fibre che non vengono combinate queste non saranno destinate alla filatura ma saranno compresse per realizzare ”tessuti non tessuti” destinati alla produzione di materiali isolanti o di riempimento.
FIBRE SINTETICHE
Come si creano
Le fibre sintetiche vengono prodotte a partire dagli scarti dell’industria petrolifera che vengono sintetizzati chimicamente per formare le scaglie dell’ormai famosissimo PET.
Le scaglie subiscono poi una fusione a caldo da cui deriva un materiale elastico e malleabile che verrà estruso, cioè fatto passare attraverso delle piccolissime fessure.
Da questo procedimenti si ottengono dei lunghi filamenti che una volta raffreddati saranno vere e proprie fibre tessili pronte ad essere tessute.
Come si riciclano
I tessuti sintetici riciclati si ottengono attraverso le fasi di Recupero dei materiali plastici di scarto, triturazione in scaglie e in granuli ed infine fusione dei granuli per formare un filato.
La fusione per calore però é un procedimento che fa perdere alcune qualità alla materia prima e proprio per questo non può essere usato all’infinito.
Ogni volta che la plastica viene riscaldata degenera, quindi deve essere utilizzata per realizzare prodotti di qualità inferiore.
B) Riciclo chimico
Prevede quei processi in cui la struttura chimica del materiale di scarto viene scomposta nei suoi elementi costitutivi, per poi essere ricomposta in materiale vergine.
Questo processo può essere eseguito su fibre sintetiche come poliestere e nylon e differenza del procedimento di riciclo meccanico il riciclo chimico ha la capacità di riportare i materiali di scarto sintetici alla stessa qualità della materia vergine.
Le prime fasi del riciclo chimico sono molto simili a quelle del riciclo meccanico che comprende la cernita, la preparazione e la triturazione.
Successivamente si procede con lo scioglimento dei materiali interessati attraverso reagenti selettivi studiati per attaccare una fibra specifica.
Da questo procedimento otteniamo una materia disciolta che viene poi “filata” spingendola attraverso i fori sottili di un ugello. I filamenti ottenuti una volta raffreddati sono delle vere e proprie fibre che saranno poi intrecciate tra loro o combinate con altre fibre di diversa natura per formare i tessuti.
Il riciclo chimico è l’unica tecnologia che riesce a rimuovere tutti i componenti indesiderati come coloranti, trattamenti di superficie e altri prodotti chimici utilizzati nella produzione tessile.
Ciò che deriva da questi processi di riciclo non sono chiaramente materiali biodegradabili. La “sostenibilità “dei tessuti sintetici riciclati (seppur dibattuta) sta nel ridurre la dipendenza dall’industria petrolchimica, in quanto vengono utilizzati materiali di recupero che altrimenti sarebbero rifiuti inceneriti o dispersi nell’ambiente.
DIFFICOLTÀ
Costi e domanda
I procedimenti che abbiamo appena descritto sono un inizio ma esistono ancora grossi limiti a queste pratiche.
Il primo problema è quello relativo alla composizione dei capi. La maggior parte dei rifiuti infatti é composta da materiali misti, indivisibili meccanicamente, che vengono quindi esclusi dal processo, a favore di materiali omogenei al 100%.
Questo, unito anche alla necessità di dover eliminare tutte le applicazioni e di poter usare solo tessuti omogenei per composizione ma anche per colore, rende necessaria molta manodopera già solo nelle fasi preliminari di selezione dei materiali e rende i costi delle materie prime molto elevato.
non stupisce dunque che la maggior parte dei tessili riciclati siano pre consumer, quindi scarti industriali di tessuti mai utilizzati.
Inoltre i materiali vergini sono spesso più economici e questo genera un mercato debole dei materiali riciclati.
Affinché questo settore si sviluppi in maniera concreta e maggioritaria serve non solo che le fibre ricavate siano sempre di qualità superiore, ma che la richiesta aumenti facendo si che aumentino anche gli investimenti nel settore che permettano di elaborare metodi sempre più efficienti.
Realtà odierna
Sebbene piccole realtà illuminate e sperimentali abbiano elaborato metodi efficaci di riciclo dei tessuti sintetici partendo da vecchi indumenti piuttosto che da flaconi PET rimane purtroppo una nicchia ancora ininfluente sul mercato globale.
Approvvigionamento ed infrastrutture.
Un altro problema è sicuramente dato dalla difficoltà dei riciclatori nell’approvvigionamento delle materie di scarto per garantire che il volume produttivo sia sufficiente a sostenere le economie di scala.
È necessario coordinare una solida catena di approvvigionamento di rifiuti tessili, per non rendere il mercato discontinuo.
Creare una solida rete di fornitori può anche garantire che i raccoglitori sappiano a chi rivolgersi per trasferire i materiali di scarto.
COSA PUÒ FARE IL CONSUMATORE?
Per creare una maggiore domanda, è importante aumentare la consapevolezza degli acquirenti, che hanno il potere di poter orientare il mercato valorizzando e sostenendo i modelli di industria che vogliono si sviluppino.
Per fare tutto ciò, è importante coinvolgere tutti a sostenere questa buona causa, impegnandoci a diffondere la conoscenza e le buone abitudini di uso e consumo.
E’ fondamentale che non solo le aziende ma tutti inizino a concepire la moda in maniera “circolare”, un flusso dove tutto può e deve essere preservato, modificato, riutilizzato senza produrre sprechi o scarti dannosi.
Per approfondire non perdere il prossimo articolo sul ruolo del consumatore.