Doverosa premessa per questo tipo di post: le mie riflessioni non sono verità nè hanno la volontà di esserlo. Si tratta di miei personalissimi pensieri e osservazioni che condivido allo scopo di creare un confronto o suscitare vostre ulteriori riflessioni, che potranno arricchire la community o i singoli. Parlo principalmente di me, dei miei percorsi e di cosa ho elaborato in diverse circostanze. Non c’è una volontà di attaccare o denigrare qualcuno personalmente o nel suo operato.
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ToggleINTRODUZIONE
Il “riciclo creativo” è una pratica che non ha certo bisogno di presentazioni. Viene spesso proposta come metodo per recuperare oggetti o materiali di scarto donandogli una seconda vita. Ma é realmente semptre cosí?
L’IMPULSO CREATIVO
Sono sempre stata un’amante del fai da te e penso che ci sia una cosa che accomuna tutti quelli che, come me, non riescono a stare con le mani in mano: un’energia creativa che ha bisogno di esprimersi, anzi, di sfogarsi.
Una mente creativa rischia di impazzire se non ha un progetto a cui dedicarsi… a volte anche più di uno. Soprattutto se nella sua quotidianità ci si occupa di qualcosa che è tutt’altro che creativo.
Ricordo perfettamente il periodo della scuola: a fine giornata dopo ore di nozioni prima ascoltate e poi studiate dovevo fare qualcosa di concreto, con le mie mani, dovevo costruire qualcosa. Era una necessità profonda, imprescindibile, esistenziale.
E qui nasceva un quesito che risulterà familiare a molti di voi: capire quello che fare ma soprattutto CON COSA.
Era sera, solitamente tra le 20,30 e le 21. Cominciavo a frugare per la casa, in quei cassetti dove si butta di tutto, finché non trovavo qualcosa che faceva accendere la lampadina.
IL RECUPERO DEI MATERIALI
Il “riciclo creativo”, diciamocelo, per la maggior parte di noi inizia così: come antidoto per placare quel bisogno creativo urgente.
È proprio quell’urgenza di fare che ci spinge ad usare qualcosa che abbiamo già in casa, senza dover compare altro, quindi anche risparmiando sulle materie prime dei propri progetti estemporanei.
“Materie di recupero” le chiamano i più sofisticati. Eh si, perché questo bisogno non appartiene solo ad una piccola nicchia di pseudo artigiani del pattume… Ci basti pensare al successo di programmi televisivi come art attack o paint your life per capire la portata del fenomeno.
Le persone hanno bisogno di creare.
SOCIAL E “CONSUMISMO DEL FAI DA TE”
Nell’epoca dei social questa tendenza non poteva che esplodere ulteriormente! È sufficiente accedere a piattaforme come Pinterest per venire a contatto con una valanga di idee condivise dagli utenti… praticamente il paese dei balocchi!
Migliaia di creator ci incantano con la loro inventiva sfornando centinaia di contenuti, tra cui i “progetti veloci” che riscuotono sempre un enorme successo perché sono alla portata di tutti e utilizzano cose che sicuramente abbiamo in casa.
Ma la frenesia che ci scatenano queste possibilità apparentemente infinite ha purtroppo un lato meno virtuoso.
Spesso quello che vedo accadere è uno schema che si ripete: Costruisco, fotografo, uso forse una volta e poi butto.
Vi suona familiare?
Non è che un’altra faccia dell’approccio consumistico. Non stiamo salvando degli oggetti, donando loro una seconda e lunga vita. Stiamo solo rimandando, di poco, il loro passaggio nella pattumiera.
Esempio pratico:
portatovaglioli per le feste realizzato con il tubo di cartoncino dello scottecs ricoperto e decorato con stoffa di recupero.
Cosa non va in questo progetto così popolare?
Potremmo discutere sulla reale necessità di avere un portatovaglioli a tavola, ma sarebbe una valutazione troppo personale e soggettiva. Chiediamoci piuttosto quanto spesso vorremmo usarlo?
Ammesso che siamo persone che amino farne uso, interroghiamoci poi sulla sua durabilità.
Il cartoncino usato come anima è facilmente deformabile anche al primo utilizzo.
Il rivestimento in stoffa, invece, come ogni cosa sulla tavola sarà sottoposto ad eventuali macchie.
A fine evento, ci troveremo quindi una serie di porta tovaglioli deformati e/o macchiati che non potranno in nessun modo essere recuperati e riutilizzati.
Il cartone deformato non ha modo di tornare al suo stato originario e la stoffa, che pur potrebbe essere lavata, è stata incollata ad un materiale che invece si distruggerebbe a contatto con l’acqua.
Quindi i due materiali, essendo ormai indivisibili, costituendo rifiuto secco indifferenziato.
Ha avuto senso?
CARATTERISTICHE DI UN PROGETTO SOSTENIBILE
Dobbiamo scegliere progetti che hanno il fine di creare qualcosa di utile in primis, che sia resistente a sua volta riparabile se necessario.
Ricordiamoci sempre di rispettare questi parametri se vogliamo costruire oggetti che abbiano davvero un impatto positivo:
•REALE UTILITÀ: Mi serve davvero? Lo userò spesso?
•SOLIDITÀ: è abbastanza robusto da durare nel tempo?
•MANUTENZIONE: Posso ripararlo se si rompe?
Sarebbe inoltre utile adottare un approccio “circolare” ai nostri progetti. Non limitiamoci a idearlo e costruirlo ma pensiamo anche alla fine della sua vita. Posso differenziarlo?
Se vuoi approfondire il concetto di circolarità ne ho parlato approfonditamente qui.
E se questo approccio ci può sembrare un “limite” basta ricordare che ogni limite è un’impulso creativo in più per riuscire a metterci alla prova, non solo come “maker” ma anche come persone!