Prendersi cura dei nostri capi fast fashion ha economicamente senso?

by Ginevra

Doverosa premessa per questo tipo di post: le mie riflessioni non sono verità nè hanno la volontà di esserlo. Si tratta di miei personalissimi pensieri e osservazioni che condivido allo scopo di creare un confronto o suscitare vostre ulteriori riflessioni, che potranno arricchire la community o i singoli. Parlo principalmente di me, dei miei percorsi e di cosa ho elaborato in diverse circostanze. Non c’è una volontà di attaccare o denigrare qualcuno personalmente o nel suo operato..

Siamo consapevoli che ormai abbiamo l’abitudine di pensare all’abbigliamento solo in un’ottica di fast fashion?

Vogliamo avere tanti abiti, per poter creare infiniti outfit e conformarci allo stile dei nostri influencer di ispirazione.

Possedere tante cose sembra ormai essere uno standard e in una prospettiva in cui sulle grandi piattaforme online posso spendere solo pochi euro per acquistare un capo d’abbigliamento, mi sento incoraggiato a fare acquisti frequenti. Spesso peró accade che questi capi acquistati a prezzi irrisori non sono proprio come ce li immaginavamo, quindi urge correre dalla sarta per stringere, accorciare, modificare…

Ma di fronte alla tariffa da pagare per quell’operazione la reazione é quasi sempre la stessa:

“L’ho pagato 6€ su Shein, non posso spenderne 20 per modificarlo… Mi conviene ricomprarne uno nuovo.“

Ma questa mentalitá porta davvero qualche vantaggio, seppur puramente economico?

Non voglio soffermarmi piú di tanto a parlare dell’ impatto ambientale disastroso derivante da questo tipo di pratica.

Stiamo parlando di capi fast fashion, che quasi sicuramente sono composti del tutto o in parte da fibre sintetiche, come il poliestere che é un derivato del petrolio.

Allungare la loro vita equivale a diminuire i rifiuti plastici che vengono dispersi nell’ambiente, mentre gettarli alla prima occasione per comprarne altri, altrettanto scadenti, non farà che raddoppiare la plastica in circolazione, oltre ad andare a sostenere e finanziare un modello produttivo sbagliato sotto ogni punto di vista, da quello ambientale a quello di etica del lavoro.

ETICA DEL LAVORO

Ed é proprio sull’etica del lavoro che vorrei soffermarmi.

Chi porta a modificare o riparare un abito pagato 6€ deve aspettarsi che il lavoro non potrà costare meno del prezzo, già problematico, del capo di partenza. Spesso, i prezzi bassi dei vestiti nascondono realtá torbide legate alla produzione e alla qualità, ne parlo qui.

Quando si paga per una prestazione lavorativa artigianale il prezzo del servizio non é in alcun modo basato sul valore o sulla qualità dell’abito originale, ma piuttosto sul lavoro svolto e sulla professionalitá e competenza di chi lo svolge.

Inoltre il lavoro andrà, nella stragrande maggioranza dei casi, ad alzare il valore e la qualità del capo, rimodellandolo, togliendo gli eventuali difetti e adattandolo perfettamente al corpo e ai gusti di chi lo indossa.

CONSEGUENZE INVISIBILI DEI BIAS COGNITIVI

Ma qualcosa di ancora più inquietante si cela dietro questo ragionamento: la prassi ci induce a pensare che il prezzo dell’abito di partenza non sia sbagliato, quanto piuttosto “vantaggioso” e che il prezzo eccessivo sia invece quello proposto per la modifica.

Questo bias cognitivo però ha come risultato quello di pretendere un prezzo più basso dall’artigiano, percepito come “truffatore”.

L’artigiano che sulle prime rifiuterá il lavoro senza troppi problemi, si ritroverá sempre piú spesso in situazioni simili, perché la media qualitativa degli abiti acquistati é sempre piú bassa.

Con il tempo quindi sará costretto ad abbassare la sua tariffa per un lavoro che gli porta via sempre lo stesso tempo e le stesse risorse.

Ma se la media dei prezzi delle prestazioni si abbassa, c’é bisogno di piú lavoro per sbarcare il lunario. Inizia quindi “la lotta” per aggiudicarsi i lavori commissionati, e questa lotta ha sempre piú la forma di un’asta al ribasso: se abbasso leggermente il prezzo rispetto alla media verró scelto dai clienti e avró piú lavoro.

Questo ci porta ad un mercato in cui per stare a galla si lavora tantissimo a prezzi troppo bassi.

Ci ricorda qualcosa?

Stiamo inconsciamente riperpetrando le stesse dinamiche tossiche di sfruttamento dei lavoratori che sono state messe in atto durante la produzione di quel capo.

Questa dinamica, largamente diffusa in tutti i settori, genera un effetto a catena su tutta l’economia. Se il mio lavoro viene pagato meno, avrò meno soldi da spendere e diventeró quindi facile preda di un mercato fast, alimentando di fatto la ruota che mi ha schiacciato.

Le nostre scelte di acquisto e di consumo hanno un impatto enorme sull’economia a 360 gradi. Non solo per indirizzare il tipo di produzione a noi piú congeniale ma anche per una piú equa distribuzione del benessere.

L’artigiano o il professionista che hai sottopagato oggi, domani non potrá piú permettersi di fare acquisti nel tuo negozio, di mangiare nel tuo ristorante, di comprare i prodotti distribuiti dall’azienda per cui lavori o di usufruire dei tuoi servizi.

Questo era solo un esempio di quanto le nostre scelte nel tempo possano plasmare in meglio o in peggio la realtá che ci circonda. Vivere riperpetrando una routine sbagliata e inconsapevole alla lunga può veramente danneggiare anche noi stessi.

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