Ciao avventore, stai leggendo “sostenibilità in pillole”, una piccola rubrica destinata a riassumere nel modo piú chiaro possibile tutte le principali questioni legate al tema della moda sostenibile. Questa rubrica é pensata per tutti coloro che si approcciano per la prima volta a queste tematiche e vorrebbero avere un rapido ma chiaro quadro della situazione. Gli articoli sono in costante aggiornamento ed ogni contributo é prezioso: la sostenibilitá é un percorso molto piú facile se condiviso!
Moda, tendenze, fashion week, stile, outfit. Tutte queste parole sono ormai entrate nell’immaginario collettivo, almeno quanto “social o influencer”, termini con i quali spesso vanno a braccetto, per creare quel geniale meccanismo invisibile atto a trasformare i semplici consumatori in “fashion victim”.
Ma quali sono realmente le VITTIME della moda? E quali sono i motivi per cui è necessario ed urgente parlare di moda sostenibile?
Scopriamoli insieme:
CAMBIAMENTO CLIMATICO
Per “cambiamento climatico” si intende la variazione a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici.
E l’mputato N1 é l’aumento di CO2 nell’atmosfera, ovviamente. Questo ‘’gas serra’’ avvolge la Terra come una coltre e trattiene il calore del sole, innalzando le temperature. L’ industria della moda è responsabile delle emissioni di CO2 addirittura per il 10%. Ma come è possibile? Semplice: la maggior parte di queste emissioni avviene nelle fasi iniziali di produzione e lavorazione dei filati che sono spesso delocalizzate nei paesi in via di sviluppo in cui i combustibili fossili sono la risorsa energetica principale.
Nel 2022 questo cambiamento è stato tra le tematiche più discusse, perché abbiamo potuto osservare o vivere in prima persona le sue disastrose conseguenze:
INONDAZIONI
Il riscaldamento globale ha intensificato la formazione di uragani, inoltre lo scioglimento dei ghiacciai (con conseguente aumento del livello del mare) “ha stabilito in alcune zone un rischio cronico e a lungo termine di alluvioni.
Quando le acque alluvionali si ritirano, le aree colpite spesso sono ricoperte da limo e fango. L’acqua potabile e il paesaggio possono restare contaminati con materie pericolose come detriti taglienti, pesticidi, combustibili e acque reflue non trattate. La proliferazione di muffe potenzialmente pericolose può colpire rapidamente tutte le strutture che sono state sommerse dall’acqua.
Gli abitanti delle zone allagate possono restare senza elettricità e acqua potabile con conseguente scoppio di malattie letali provocate dal consumo di acqua contaminata come il tifo, l’epatite A e il colera.” (National Geographic)
SICCITÀ
Questo aumento delle temperature ha un ruolo importante anche nell’ampliare e intensificare la grande siccità che lo scorso anno ha colpito gran parte dell’Europa occidentale. Si parla di siccità quando in una specifica area diminuisce il numero di precipitazioni rispetto a quelle che ci si aspetterebbe. Nel 2022 in Italia circa il 50% della popolazione è stata interessata dal razionamento dell’acqua specialmente al nord.
Il Po ha raggiunto minimi storici di portata: una condizione che ha favorito il deflusso di acqua marina verso l’interno, con valori eccezionali di intrusione di acqua salata fino a 40 chilometri dal delta del grande fiume.
Quando la portata di un fiume è troppo debole, l’acqua salata del mare (il cosiddetto cuneo salino) risale lungo il letto del fiume e permea il terreno oltre i suoi argini, contaminando le falde sotterranee e rendendo così la poca acqua disponibile inutilizzabile.
Ultimo, ma non per importanza, il sensibile incremento degli incendi.
CRISI IDRICA
Abbiamo parlato di siccità, Ma quando tali periodi si fanno più frequenti ed estremi, provocano un deficit idrico che impatta negativamente sull’agricoltura, sulla ricarica degli acquiferi e sulla portata dei corsi d’acqua. Questo deficit prolungato provoca una situazione di CRISI IDRICA che a sua volta porta a ingenti danni socio-economici e ambientali. Se un tempo la siccità era un fenomeno naturale e temporaneo oggi spesso è conseguenza dell’agire umano, come l’inquinamento, lo spreco di acque e la cattiva gestione delle risorse idriche. (National Geographic)
CRISI DEI SISTEMI AGRICOLI
Se le emissioni rimangono incontrollate e le temperature continuano a salire, le interruzioni estreme nelle catene di approvvigionamento alimentare globali diventeranno sempre più comuni. Questo aumenterà ulteriormente i prezzi, metterà a dura prova le economie e spingerà milioni di persone verso la fame. (Veris Maplecroft)
ESTINZIONE DI SPECIE ANIMALI E VEGETALI
Secondo i ricercatori, il 6% delle piante e degli animali scomparirà entro il 2050 a causa della mancanza di acqua e della distruzione degli ecosistemi esistenti, salendo al 13% entro la fine del secolo. Nello scenario peggiore del riscaldamento globale si stima invece che il 27% delle piante e degli animali potrebbe scomparire entro il 2100. (WWf)
ACQUA
Anche l’acqua è stata recentemente al centro delle nostre preoccupazioni e sebbene tutti dobbiamo imparare ad usarla in maniera più assennata l’industria della moda ha le sue responsabilità. l’Onu stima che il 20% dell’acqua sprecata a livello globale sia ascrivibile a questo settore.
Produzione
Come regola generale, la pianta del cotone ha bisogno di un minimo di 500 mm di acqua tra la germinazione e la formazione del batuffolo. Pensa che per produrre un chilo di cotone sono necessari 11’000 litri di acqua e per una sola maglietta sono necessari 2’700 litri d’acqua, l’equivalente di 14 vasche da bagno.
Lavorazione
La fase più dannosa per l’ambiente nella produzione di un capo è quella della “lavorazione a umido”. Dopo che il cotone è stato filato, viene lavorato a umido, momento in cui è tinto e trasformato in tessuto. Questo processo richiede l’utilizzo di oltre 8000 diverse sostanze chimiche, le principali usate per la tintura, che si stima contribuiscono al 20% di tutto l’inquinamento idrico mondiale. L’acqua usata per applicare i prodotti chimici ai tessuti viene infatti poi scaricata nei fiumi e nei corsi d’acqua.
INQUINAMENTO
Ma non solo le tinture causano Inquinamento. Il poliestere è una fibra sintetica che viene ottenuta dalla lavorazione di combustibili fossili come il petrolio, e largamente usato per produrre capi fast fashion. Questo causa una duplice problematica: La diffusione di microplastiche in tutto l’ambiente e la necessità di creare depositi sconfinati per montagne di indumenti in disuso. Il deserto di Atacama in Cile, un tempo noto per le rarissime fioriture di cui è protagonista, è ormai diventato una discarica a cielo aperto in cui giacciono ben 40 tonnellate di indumenti, spesso soggetti a roghi che generano esalazioni tossiche.
DIRITTI UMANI
20 milioni di persone, di cui almeno tre quarti nel sud est asiatico, sono impiegate nel settore manifatturiero della moda. La stragrande maggioranza di queste persone, però, vive e lavora in condizioni degradanti. Come mai? La delocalizzazione nei paesi in via di sviluppo garantisce alle aziende costi di produzione irrisori, dovuti alla mancanza di qualsiasi tipo di tutela dei lavoratori (minimo salariale, orario lavorativo, sicurezza, norme igienico sanitarie). Si tratta di sfruttamento vero e proprio ed ormai neanche celato. Sono state molte negli anni le inchieste shock, (Tragedia del Rana Plaza o il caso Shein, per citarne alcune di cui parleremo in futuro) ma tutte hanno un comun denominatore: la totale mancanza di rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori.
CONSAPEVOLEZZA
Fast Fashion: moda veloce. Veloce nel modo cui si produce, si distribuisce e nel modo in cui si butta via. Abbiamo capito tutte le sue criticità e perché il futuro della moda non possa passare per questo schema produttivo, senza arrivare velocemente ad un punto di non ritorno.
Il discorso potrebbe finire qui, ma è giusto farsi l’ultima domanda: Quali sono gli effetti negativi che colpiscono anche noi consumatori?
Rispetto a 15 anni fa in media ogni persona acquista il 60% in più di abbigliamento, conservando i capi per la metà del tempo.
Si acquista per maggiore necessità? Non proprio. Allora a cosa è dovuto questo incremento?
I capi fast fashion sono studiati per avere una rapida obsolescenza, sia per i materiali scadenti sia per il design. Se fino a 20 anni fa uscivano solo 2 collezioni l’anno, autunno/inverno e primavera/estate, oggi è un bombardamento di uscite continue (dalle 20 alle 50 collezioni l’anno).
Ciò che è di moda cambia velocemente, e la continua corsa per adeguarsi a questi standard sempre diversi ci intrappola in un processo di shopping continuo.
Lo shopping che, grazie ad un certo tipo di immaginario collettivo, si è trasformato da una normale e sporadica necessità ad un vero e proprio rituale di benessere. Una sorta di felicità illusoria, per cui siamo indotti a pensare di poter soddisfare un bisogno emotivo tramite l’acquisto di un bene a buon mercato.
Inoltre poter comprare qualcosa non per necessità ma semplicemente per il gusto di farlo ci fa sentire gratificati e meno poveri.
E il poter esercitare questo rituale ci pone nella posizione di rispettare uno standard sociale imposto dalla pubblicità e dai modelli, più o meno subdoli, creati da chi con questo business si arricchisce.
Può la nostra felicità o la nostra sicurezza dipendere davvero da una maglietta?
Sono condannato all’infelicità o alla disistima sociale se acquisto meno o in modo diverso?
Fortunatamente un cambio di tendenza ad oggi esiste. Tantissime persone stanno ponendo l’accento su cosa realmente abbia valore, diffondendo modelli di vita diversi, liberi da paradigmi creati ad hoc per farci sentire perennemente insoddisfatti e in difetto.
Mi piace terminare questa riflessione con il concetto di libertà, intesa come il riscatto dalle dinamiche tossiche che ci schiacciano e che non ci fanno sentire all’altezza. Perchè nella stragrande maggioranza dei casi siamo più che all’altezza di essere felici.